sabato 18 agosto 2007

ARTICOLI SITO NPA

Precariato: una visione fuori dal coro

di Gabriele Oliviero
membro della Segreteria Nazionale del 'Nuovo Partito d'Azione'

La "bagarre" che si trascina ormai da tempo riguardo al problema "precariato" ha finito per trasformarsi - da tentativo per discutere il problema - in una sequela di sproloqui che hanno alimentato solo il fuoco delle polemiche politiche e le penne di alcuni giornalisti. Molti partiti non si occupano affatto della questione; altri lo fanno solo in modo propagandistico; altri in modo addirittura demagogico ed inconcludente. Una buona parte della sinistra definita "antagonista", cerca di inquadrare il fenomeno all'interno di schemi ideologici anacronistici e fuori luogo, analizzando solo gli aspetti superficiali della questione, riconducendola e riducendola ad una sorta di "lotta di classe" che si discosta molto da quella che è la reale essenza del problema. Credo sia opportuno ricordare che le trasformazioni violente avvenute negli ultimi anni a causa degli effetti della globalizzazione, hanno messo in evidenza tutte le lacune e le ferite non rimarginate del mondo del lavoro italiano. Il clientelismo che ha contraddistinto la politica democristiana e l'operato del sindacato, nell'arco di molti decenni, ha finito per sclerotizzare il mercato ed il modo di concepire il lavoro creando il mito del posto fisso e del garantismo a tutti i costi finendo per proteggere in modo indiscriminato meritevoli e non, avvantaggiando molti "nullafacenti" e ampie fasce di lavoratori del pubblico impiego e della grande industria a scapito delle nuove generazioni. Il dover modificare questi schemi mentali in un modo così repentino, l'incapacità della politica di dare adeguate tutele alle fasce di lavoratori più deboli e ricattabili e il mancato controllo sulle speculazioni hanno dato un colpo molto forte agli strati meno garantiti della società creando un clima di pessimismo generalizzato, sfiducia nel futuro ed in molti casi, evidenti difficoltà di sopravvivenza. Sventolare la bandiera del precariato in modo miope e massificatore, non serve praticamente a nulla. Quella che alcuni definiscono la "classe dei precari", è tutt'altro che omogenea. Non tenere conto delle differenze è un atteggiamento che denota poca serietà e capacità di valutazione. Esistono precari sfruttati, sottopagati e ricattati e ne esistono altri che, pur vivendo una condizione di non continuità lavorativa, possono vantare stipendi molto alti e non rientrano affatto nella fasce deboli della popolazione. Anche i liberi professionisti, sono dei lavoratori precari ma tra questi, ne esistono alcuni con un reddito mensile di parecchie migliaia di euro ed altri con un reddito bassissimo. Vi sono poi, tutta una serie di "precari" che possono fare affidamento su entrate che non dipendono direttamente dal loro lavoro - si pensi a tutti i proprietari di immobili in affitto o che hanno la fortuna di avere alle loro spalle famiglie agiate che li possono sostenere e che quindi, pur non avendo la sicurezza di un lavoro stabile, non vivono certo in un regime di indigenza... E' necessario poi, tener conto di tutte quelle persone titolari di un contratto di lavoro "indeterminato" ma che a causa dei bassi salari, dell'erosione del potere d'acquisto, dell'innalzamento continuo del costo della vita, rientrano a buon diritto nella fascia di coloro che vivono sul limite della povertà. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, proprio perché varie e numerose sono le differenze tra le persone. Per affrontare in modo serio il problema, bisogna prestare molta attenzione alle diversità. E'necessario distinguere tra un precario bisognoso di tutele, ed un altro già ampiamente tutelato, senza accomunarli in un insieme che distorcerebbe la realtà. Per dare risposte e soluzioni concrete, credo sia necessario valutare non tanto lo "status" di lavoratore precario, ma le effettive disponibilità economiche del nucleo familiare nel quale l'individuo vive. Bisogna valutare attentamente il patrimonio familiare e prestare sostegno solo a coloro che ne hanno un reale bisogno. La proposta del 'Nuovo Partito d'Azione' è appunto questa. Uno Stato efficiente, deve saper ben valutare le necessità dell'individuo e le possibilità di soddisfarle. Deve lavorare per cercare di colmare il divario, che in modo incontrollato e senza freni, sta dividendo la società italiana in nuovi ricchi e nuovi poveri. Bisogna colpire e tassare l'accumulo delle ricchezze nelle mani di pochi che sta riducendo molti in condizioni di vera e propria indigenza. Noi vogliamo portare avanti una politica seria che aiuti in modo efficace, attraverso uno stato sociale serio e non assistenziale, tutti coloro che ne hanno effettivamente bisogno individuando quelli che, in molti casi, godono di vantaggi e sgravi non avendone diritto.Vogliamo evitare le generalizzazioni del passato che tanti dissesti a problemi hanno portato alle finanze dello Stato.

Nessun commento:

NUOVO PARTITO D'AZIONE

Il Nuovo Partito d'Azione è una formazione politica italiana che intende rifondare l'azionismo politico e proseguire l'esperienza dello storico Partito d'Azione, facendo rivivere in Italia una sigla che si richiami a tale tradizione politica, storica e culturale. Nato nel 2005, ha come segretario nazionale il filosofo Giuseppe Antonio Quartana e dopo un anno dalla sua costituzione è presente in sette regioni (Lazio, Piemonte, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia). Nel suo simbolo compare proprio la dicitura "Rifondazione Azionista" e la conferma dei valori del liberalsocialismo. Nell'impostazione teorica del NPA il liberalsocialismo è però la condizione necessaria, ma non ancora sufficiente per definire l'azionismo. Il partito ha adottato come colore ufficiale l'arancione. Collocato nell'area della sinistra democratica di ispirazione radicale e riformista e stringe una collaborazione con il Partito Socialista Democratico Italiano, presentando propri candidati nelle sue liste in occasione delle elezioni politiche del 2006, all'interno della coalizione di centrosinistra, L'Unione. Dopo le elezioni politiche, il Nuovo Partito d’Azione convoca a Bernalda (MT) la sua prima conferenza politico-organizzativa nel corso della quale il nuovo partito fissa definitivamente i tratti caratteristici della sua identità: disinteresse verso l’ipotesi di confluire nel futuro Partito Democratico; federare la "Nuova Sinistra Democratica" intesa come nuovo polo intermedio fra lo stesso Partito Democratico e l’area rosso-verde; essere “coscienza critica” del centrosinistra. Questo ruolo "critico" comincia a manifestarsi platealmente in occasione della protesta contro l'indulto che ha visto una presenza in piazza di militanti del Nuovo Partito d'Azione. Il 28 ottobre 2006 il partito organizza davanti a Montecitorio la sua prima manifestazione di piazza con un sit-in di protesta contro la nuova finanziaria del Governo Prodii chiedendo che non vengano dimenticati ancora una volta i "veri poveri", i "non-garantiti", la "seconda società". Nella direzione nazionale del 5 novembre, a Fiuggi, il partito lancia il concetto di "rete neoazionista" aprendo anche alle associazioni ed ai club sparsi sul territorio. Nello stessa riunione dà la propria disponibilità per la costruzione di una "Sinistra Critica", che insieme ad altre piccole formazioni e movimenti possa costituire il nucleo fondatore di un terzo polo all'interno del centrosinistra dopo la nascita del PD e della Sinistra Europea. È stato stabilito dalla conferenza politico-organizzativa del NPA: Lo spazio politico del nuovo partito si situa al confine fra riformismo e radicalismo; il NPA si considera infatti “il più riformista dei partiti radicali ed il più radicale dei partiti riformisti”; La base sociale di riferimento del Nuovo Partito d’Azione è quella della 'seconda società';, una formula ricorrente nelle giornate del ’77 e da allora mai più ripresa da nessuno; la ‘seconda società’ è quella dei non garantiti, dei precari con poche speranze, degli emarginati, degli invisibili, delle fasce marginali e radicalizzate della piccola borghesia, del nuovo proletariato giovanile intellettuale, anche di origine borghese, quindi il mondo dei bisogni. Nello stesso tempo, l'NPA è anche al fianco di chi detiene meriti e non riesce a farli valere in una società italiana sempre più sclerotizzata e familista, sempre più caratterizzata da processi di retrocessione, di immobilismo e di esclusione sociale.
Il liberalsocialismo del NPA si basa su una nuova sintesi fra meriti e bisogni.