venerdì 17 agosto 2007

SOCIALE

671 Impiego di minori nell`accattonaggio

Chiunque si vale, per mendicare, di una persona minore degli anni quattordici o comunque, non imputabile (c.p.85), la quale sia sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, ovvero permette che tale persona mendichi, o che altri se ne valga per mendicare, è punito con l`arresto da tre mesi a un anno. Qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, la condanna importa la sospensione dall`esercizio della potestà dei genitori (c.p.34) o dall`ufficio di tutore. Questo è quanto dice la legge per la tutela dei minori. Se questa legge venisse applicata e fatta rispettare, non si vedrebbero nelle nostre strade, le situazioni di degrado sotto gli occhi di tutti. Il numero dei minori, costretti a mendicare è altissimo e cresce sempre di più nella generale indifferenza e la cosa ancora più grave è che in molti casi, sono gli stessi genitori a mandare i loro figli sulle strade a mendicare. Sfruttare i bambini in questo modo odioso è un crimine che andrebbe punito severamente e senza esitazioni! Le colpe vanno equamente distribuite tra chi compie il reato e chi lo tollera. Le istituzioni devono intervenire in modo deciso per contrastare il fenomeno e gli sfruttatori, essere severamente puniti.L'età al di sotto della quale si commette reato, deve essere estesa a tutti i minori, anche al di sopra dei 14 anni ed andrebbe rivista anche la legge sull'impunibilità dei minori che li rende soggetti adattissimi a commettere crimini, senza la possibilità di una giusta sanzione. A 14 anni, un bambino dovrebbe essere a scuola e non sui marciapiedi ad elemosinare, rubare o spacciare droga. Oltre all'imputazione per sfruttamento - ed in alcuni casi, riduzione in schiavitù - andrebbe aggiunta l'aggravante dell'impedimento della scolarizzazione. Senza la formazione, si creano dei soggetti disadattati che nulla di buono potranno portare alla collettività e se la collettività, rimane passiva, da l'impressione che tutto è tollerato e tacitamente accettato... anche i crimini!

Gabrile Oliviero

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NUOVO PARTITO D'AZIONE

Il Nuovo Partito d'Azione è una formazione politica italiana che intende rifondare l'azionismo politico e proseguire l'esperienza dello storico Partito d'Azione, facendo rivivere in Italia una sigla che si richiami a tale tradizione politica, storica e culturale. Nato nel 2005, ha come segretario nazionale il filosofo Giuseppe Antonio Quartana e dopo un anno dalla sua costituzione è presente in sette regioni (Lazio, Piemonte, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia). Nel suo simbolo compare proprio la dicitura "Rifondazione Azionista" e la conferma dei valori del liberalsocialismo. Nell'impostazione teorica del NPA il liberalsocialismo è però la condizione necessaria, ma non ancora sufficiente per definire l'azionismo. Il partito ha adottato come colore ufficiale l'arancione. Collocato nell'area della sinistra democratica di ispirazione radicale e riformista e stringe una collaborazione con il Partito Socialista Democratico Italiano, presentando propri candidati nelle sue liste in occasione delle elezioni politiche del 2006, all'interno della coalizione di centrosinistra, L'Unione. Dopo le elezioni politiche, il Nuovo Partito d’Azione convoca a Bernalda (MT) la sua prima conferenza politico-organizzativa nel corso della quale il nuovo partito fissa definitivamente i tratti caratteristici della sua identità: disinteresse verso l’ipotesi di confluire nel futuro Partito Democratico; federare la "Nuova Sinistra Democratica" intesa come nuovo polo intermedio fra lo stesso Partito Democratico e l’area rosso-verde; essere “coscienza critica” del centrosinistra. Questo ruolo "critico" comincia a manifestarsi platealmente in occasione della protesta contro l'indulto che ha visto una presenza in piazza di militanti del Nuovo Partito d'Azione. Il 28 ottobre 2006 il partito organizza davanti a Montecitorio la sua prima manifestazione di piazza con un sit-in di protesta contro la nuova finanziaria del Governo Prodii chiedendo che non vengano dimenticati ancora una volta i "veri poveri", i "non-garantiti", la "seconda società". Nella direzione nazionale del 5 novembre, a Fiuggi, il partito lancia il concetto di "rete neoazionista" aprendo anche alle associazioni ed ai club sparsi sul territorio. Nello stessa riunione dà la propria disponibilità per la costruzione di una "Sinistra Critica", che insieme ad altre piccole formazioni e movimenti possa costituire il nucleo fondatore di un terzo polo all'interno del centrosinistra dopo la nascita del PD e della Sinistra Europea. È stato stabilito dalla conferenza politico-organizzativa del NPA: Lo spazio politico del nuovo partito si situa al confine fra riformismo e radicalismo; il NPA si considera infatti “il più riformista dei partiti radicali ed il più radicale dei partiti riformisti”; La base sociale di riferimento del Nuovo Partito d’Azione è quella della 'seconda società';, una formula ricorrente nelle giornate del ’77 e da allora mai più ripresa da nessuno; la ‘seconda società’ è quella dei non garantiti, dei precari con poche speranze, degli emarginati, degli invisibili, delle fasce marginali e radicalizzate della piccola borghesia, del nuovo proletariato giovanile intellettuale, anche di origine borghese, quindi il mondo dei bisogni. Nello stesso tempo, l'NPA è anche al fianco di chi detiene meriti e non riesce a farli valere in una società italiana sempre più sclerotizzata e familista, sempre più caratterizzata da processi di retrocessione, di immobilismo e di esclusione sociale.
Il liberalsocialismo del NPA si basa su una nuova sintesi fra meriti e bisogni.