giovedì 18 ottobre 2007

SEGRETERIA NAZIONALE

I costi della politica e i costi per la democrazia

Dopo il successo e la conseguente indignazione scatenata nell’opinione pubblica dal libro “La Casta” sono sempre di più i personaggi politici di primo e secondo piano usi a parlare o a sparlare dei costi della politica e dei metodi più o meno efficaci per ridurli. La terapia più in voga sembra essere quella della riduzione del numero dei parlamentari che con i loro astronomici stipendi, indennità e privilegi più o meno onerosi, assorbirebbero una fetta considerevole delle disponibilità delle già troppo dissestate finanze pubbliche. Secondo una fin troppo semplice regola matematica si deduce che riducendone il numero si ridurrebbero automaticamente le risorse necessarie al loro “sostentamento”.
Il ragionamento da un punto di vista teorico funziona e funziona anche e soprattutto come calmante e valvola di sfogo per il montante astio dell’opinione pubblica verso il sistema. Se ci fermassimo ad uno sguardo superficiale e non ci spingessimo a leggere gli “effetti collaterali”, sembrerebbe che questa proposta abbia anche un senso compiuto. Purtroppo, nel nostro Paese, i teoremi con soluzioni troppo lampanti e le quadrature troppo semplici del cerchio, tendono a nascondere fra le loro pieghe, risvolti occulti e quasi mai positivi che sfuggono ai più. Noi neoazionisti non abbiamo aspettato i successi librari di nessuno, né tanto meno le esternazioni compunte di qualche politico in crisi di coscienza, ma abbiamo proposto fin dall’inizio, nel nostro programma – che risale ormai a circa due anni fa – delle proposte molto concrete e sostenibili per ridurre le spese politiche anche e soprattutto a beneficio del risanamento del debito pubblico. Ridurre il numero dei parlamentari, non risolve assolutamente il problema dei costi - che nel migliore dei casi, verrebbe solo scalfito da queste proposte - ma servirebbe solamente a restringere ancora di più l’oligarchia. Se il numero dei parlamentari venisse ridotto, solo i grandi partiti, avrebbero la forza di eleggere deputati e senatori. I piccoli verrebbero letteralmente cancellati dal panorama politico, lasciando senza rappresentanza alcuna, centinaia di migliaia di elettori. Questo non sarebbe solo un colpo ai partiti nuovi e piccoli, ma soprattutto alla democrazia! La nostra proposta, come N.P.A. è quella di ridurre del 70% le indennità dei parlamentari (non solo deputati e senatori, ma anche dei consiglieri regionali e provinciali). Se questa proposta venisse attuata, non solo non sarebbe più necessario ridurre i parlamentari con le conseguenze nefaste sul sistema democratico, ma per assurdo, questi ultimi potrebbero essere addirittura raddoppiati, raggiungendo così anche lo scopo di ottenere una maggior rappresentatività territoriale ai vertici delle Istituzioni. Perché nessuno dei partiti presenti in Parlamento, che a parole sembrano avere a cuore le sorti del Paese, non fa sua questa nostra ragionevole e risolutiva proposta? Noi neoazionisti non ci siamo fermati certo qui, ma abbiamo aggiunto nel programma l’abolizione delle province; enti che reputiamo quasi inutili e dispendiosi. Quanto si potrebbe risparmiare se non vi fossero più le migliaia di consiglieri provinciali (altro che due o trecento parlamentari in meno) a cui dover versare mensilmente uno stipendio, simile a quello di un deputato? Perchè nessun'altro, a parte noi del NuovoPartito d'Azione, avanza proposte in questo senso? Qualcuno potrebbe obiettare che siamo contro la diminuzione dei parlamentari, solo per non veder chiuse per noi, tutte le possibilità di portare nostri rappresentanti in parlamento. A questo posso rispondere dicendo tranquillamente che avere degli eletti, non è un nostro scopo prioritario e ciò è dimostrato dal fatto che siamo sempre stati molto critici con tutti a differenza di altri che invece hanno offerto i loro numeri (in alcuni casi di molto inferiori ainostri) per ottenere qualche deputato o senatore ed esaurendo, con il raggiungimento di questo obiettivo, la loro funzione politica. Non ci sarebbe difficile attuare lo stesso stratagemma, in un Paese dove si vincono o perdono le elezioni per 24.000 voti e dove
l’ N.P.A risulta essere a tutt’oggi, il primo dei partiti extraparlamentari del centrosinistra.Essere moralmente ed eticamente incorruttibili, oggi non paga affatto in termini di rendite politiche. Noi vogliamo tenere alto non solo il nome del nostro Partito, ma anche e soprattutto la nostra dignità di persone oneste eredi di una storia unica nella politica italiana: quella dello storico Partito d’Azione.
Gabriele Oliviero

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NUOVO PARTITO D'AZIONE

Il Nuovo Partito d'Azione è una formazione politica italiana che intende rifondare l'azionismo politico e proseguire l'esperienza dello storico Partito d'Azione, facendo rivivere in Italia una sigla che si richiami a tale tradizione politica, storica e culturale. Nato nel 2005, ha come segretario nazionale il filosofo Giuseppe Antonio Quartana e dopo un anno dalla sua costituzione è presente in sette regioni (Lazio, Piemonte, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia). Nel suo simbolo compare proprio la dicitura "Rifondazione Azionista" e la conferma dei valori del liberalsocialismo. Nell'impostazione teorica del NPA il liberalsocialismo è però la condizione necessaria, ma non ancora sufficiente per definire l'azionismo. Il partito ha adottato come colore ufficiale l'arancione. Collocato nell'area della sinistra democratica di ispirazione radicale e riformista e stringe una collaborazione con il Partito Socialista Democratico Italiano, presentando propri candidati nelle sue liste in occasione delle elezioni politiche del 2006, all'interno della coalizione di centrosinistra, L'Unione. Dopo le elezioni politiche, il Nuovo Partito d’Azione convoca a Bernalda (MT) la sua prima conferenza politico-organizzativa nel corso della quale il nuovo partito fissa definitivamente i tratti caratteristici della sua identità: disinteresse verso l’ipotesi di confluire nel futuro Partito Democratico; federare la "Nuova Sinistra Democratica" intesa come nuovo polo intermedio fra lo stesso Partito Democratico e l’area rosso-verde; essere “coscienza critica” del centrosinistra. Questo ruolo "critico" comincia a manifestarsi platealmente in occasione della protesta contro l'indulto che ha visto una presenza in piazza di militanti del Nuovo Partito d'Azione. Il 28 ottobre 2006 il partito organizza davanti a Montecitorio la sua prima manifestazione di piazza con un sit-in di protesta contro la nuova finanziaria del Governo Prodii chiedendo che non vengano dimenticati ancora una volta i "veri poveri", i "non-garantiti", la "seconda società". Nella direzione nazionale del 5 novembre, a Fiuggi, il partito lancia il concetto di "rete neoazionista" aprendo anche alle associazioni ed ai club sparsi sul territorio. Nello stessa riunione dà la propria disponibilità per la costruzione di una "Sinistra Critica", che insieme ad altre piccole formazioni e movimenti possa costituire il nucleo fondatore di un terzo polo all'interno del centrosinistra dopo la nascita del PD e della Sinistra Europea. È stato stabilito dalla conferenza politico-organizzativa del NPA: Lo spazio politico del nuovo partito si situa al confine fra riformismo e radicalismo; il NPA si considera infatti “il più riformista dei partiti radicali ed il più radicale dei partiti riformisti”; La base sociale di riferimento del Nuovo Partito d’Azione è quella della 'seconda società';, una formula ricorrente nelle giornate del ’77 e da allora mai più ripresa da nessuno; la ‘seconda società’ è quella dei non garantiti, dei precari con poche speranze, degli emarginati, degli invisibili, delle fasce marginali e radicalizzate della piccola borghesia, del nuovo proletariato giovanile intellettuale, anche di origine borghese, quindi il mondo dei bisogni. Nello stesso tempo, l'NPA è anche al fianco di chi detiene meriti e non riesce a farli valere in una società italiana sempre più sclerotizzata e familista, sempre più caratterizzata da processi di retrocessione, di immobilismo e di esclusione sociale.
Il liberalsocialismo del NPA si basa su una nuova sintesi fra meriti e bisogni.